La farinata: l’influenza italiana nell’arte culinaria argentina 

Di Mirta Roncagalli 

Una ricetta tipica della tradizione italiana molto diffusa e apprezzata anche in America Latina è la Farinata. Un antico e semplice piatto a base di ceci originario della Liguria, dove si conosce con il nome Fainè o Fainà

Foto di Amy Booth, tratta dall’articolo “Buenos Aires’ unusual pizza topping” scritto da Booth e pubblicato da BBC Travel il 10 maggio 2022.

I ceci, alla base della ricetta, ben si adattano alla coltivazione in zone aride e sterili come il territorio ligure. Il legume viene lavorato in particolari mulini che ne ricavano una farina di alta qualità. Sono tre al giorno d’oggi i mulini storici che si occupano della produzione di tale farina. Uno in Liguria e due in Piemonte. Alla farina si aggiungono poi altri ingredienti semplici e genuini: sale, olio extravergine di oliva e acqua.  ​

Una curiosità è che a Chiavari, località vicino Genova, il composto viene ancora prodotto manualmente, versato su un tegame di rame, chiamato Testo, che può variare dai 30 ai 150 cm di diametro, e fatto cucinare lentamente nel forno a legna su ceppi appositamente scelti per infondere il giusto aroma al piatto. ​

La farinata è un piatto ricco di vitamine, sali minerali e con un alto valore nutrizionale in grado di sfamare anche quando in passato la farina di grano scarseggiava. È un piatto “familiare” che non può mancare sulle tavole dei ristoranti, in particolare su quelle delle antiche Sciamadde che in ligure significa “fiammata” o negozio nel quale si vendono torte. Si tratta di antichi locali frequentati da artisti e letterati dove tutt’oggi è possibile gustare i piatti della cucina tradizionale ligure.   

Secondo alcuni, il piatto sarebbe stato inventato due mila anni fa dalle truppe che occupavano Genova e che lo cucinavano sugli scudi. Tuttavia, molteplici sono le leggende che ne narrano l’origine passando per Ulisse, l’assedio di Troia, gli antichi romani e i saraceni. Una curiosità, legata a una delle leggende sull’origine della farinata, vuole che il nome del tegame derivi dal nome arabo degli scudi saraceni sui quali veniva cucinata la farinata. 

Una delle leggende più conosciute narra che, dopo la Battaglia di Meloria, dove nell’agosto del 1284 la flotta genovese sconfisse la pisana, le galee genovesi vennero sorprese da una tempesta e le stive cariche di farina di ceci ed olio si riempirono d’acqua. Passata la bufera, rimase un composto che, una volta cucinato dal sole, servì a sfamare tanto i prigionieri come l’equipaggio. I genovesi perfezionarono poi il piatto e, in scherno ai rivali, lo battezzarono “L’oro di Pisa”.  

Il piatto, che nasce umile, col tempo conquistò anche le classi più abbienti, tanto che nel XV secolo venne emesso un decreto-legge che disciplinava la produzione della allora denominata “Ricetta della Scripilita” regolandone gli ingredienti e impedendo l’utilizzo di olio scadente.  

Il bancone dell’Ostaja San Vincenzo. Immagine tratta da “Focacce, fritti e forni d’autore: lo street food tra i vicoli di Genova” articolo di Cristina Capacci pubblicato su La Repubblica il 29 luglio 2019.  

Come affermato al principio di questo articolo, la farinata è un piatto della tradizione ligure; tuttavia, sue varianti sono presenti in altre località italiane e straniere, spesso per influenza ligure e dove prendono altri nomi, come: Padellata di ceci o Ceci ferraresi nel ferrarese; Cecina, Torta di ceci o Calda calda in Toscana; Fainè in Sardegna dove si mangia nelle FainerieBelecauda in Piemonte, molto diffusa è nel torinese dove per tradizione accompagna la pizza al tegamino, specialità gastronomica locale; Panelle in Sicilia; Socca in Costa Azzurra; Calentita a Gibilterra e in Marocco dove è altresì conosciuta come Kalinti, Kalane, Karantita o Karantika e dove aggiungono uova alla ricetta. ​

Di particolare rilevanza è inoltre il ruolo che tale piatto ricopre in America Latina. Specialmente in Uruguay, dove è conosciuto con il nome di El fainá (in italiano “Il fainá”), e in Argentina dove è diffuso con il nome di La fainá (in italiano “La fainá”). In Uruguay la sua storia risale al 27 agosto 1915 quando “Los Guidos” (in italiano “I Guido”), due fratelli italiani, arrivarono a Montevideo e crearono il primo mulino. Il piatto diventò tanto conosciuto e apprezzato che nel 2008 venne istituita una giornata nazionale, “Día del auténtico fainá” (in italiano “Giornata dell’autentico fainá”), celebrata annualmente proprio il 27 agosto in onore dell’anniversario della data di fondazione del Mulino Guido. In seguito, nel 2009 El fainá venne dichiarato Patrimonio Storico Nazionale e di interesse municipale dalla intendenza di Montevideo. In tale occasione vennero ricordati i cosiddetti Fainaseros, vale a dire venditori ambulanti italiani che, vestiti di bianco e con un fazzoletto rosso, vendevano la farinata tra le vie di Montevideo portando una grande teglia sopra la testa. In Argentina La fainá arriva alla fine del XIX secolo e la sua peculiarità e che è tradizione consumarla con la pizza, un trancio sopra l’altro, e che in tal caso prende il nome di “Pizza a caballo” (in italiano “Pizza a cavallo”). 

 

L’antica Sciamadda, in via San Giorgio. Immagine tratta da “Dove mangiare vicino all’Acquario di Genova” articolo di Daniela Traverso pubblicato su Agrodolce il 2 dicembre 2013.   

Le prime fainá di cui si ha notizia furono elaborate nel 1882 nel forno di Nicola Vaccarezza, un emigrato napoletano al quale si deve probabilmente l’accostamento di pizza e fainá. Altri invece sostengono che l’abitudine di mangiare la pizza con la fainá inizia con i venditori ambulanti di tranci di pizza che altresì vendevano la massa di ceci. Accostamento di sapori che, con il terzo elemento del Moscato, ha ispirato libri, poemi e canzoni, prima fra tutte Moscato, Pizza y Fainá, una hit del gruppo blues rock argentino Memphis La Blusera in attività dal 1978 al 2008.

Fonti


La farinata: l’influenza italiana nell’arte culinaria argentina 

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